Incontro con Mira Nedyalkova, fotografa d’avanguardia
Nata a Sofia, in Bulgaria, Mira Nedyalkova ha frequentato l’Accademia d’Arte, iniziando la sua carriera come modella, per poi diventare pittrice. Si avvicina alla fotografia nel 2007, sperimentando una tecnica che si colloca tra la pittura e la fotografia. L’ispirazione principale di Mira è l’acqua: ama ritrarre i suoi modelli che fluttuano come creature ultraterrene che si riempiono di un misterioso dinamismo. L’acqua è l’elemento costante e fondamentale della sua arte perché rappresenta il potere e la creazione di energia. Il suo pensiero riguardo l’acqua si esplicita nella consapevolezza della sua presenza sin dai primi istanti della nostra vita e la sua capacità di mantenere in vita noi esseri umani e tutte le altre forme di vita del pianeta. È un simbolo di creazione, un simbolo di energia, un simbolo di distruzione, un elemento polivalente che non ha mancato di affascinare diversi artisti nel corso dei secoli.
“Ho sempre amato l’acqua per la sua trasparenza, purezza e forza”, dice. “L’acqua è così pulita e visivamente sembra così bella. I suoi riflessi sembrano rivelare immagini e luci uniche e diverse in ogni singolo momento. Per me simboleggia la vita e la transitorietà delle cose, il piacere e il peccato e allo stesso tempo purezza e castità; mi sforzo di collegare questi due estremi e di fonderli in uno solo, per essere felici, senza dimenticare il dolore”.
Ophelia, un personaggio creato da William Shakespeare nel suo dramma ‘Amleto’, è una fonte di ispirazione popolare nelle belle arti, specialmente nella pittura. Coperta di fiori, la pallida Ofelia annegò nell’acqua per dimenticare il principe egoista della Danimarca. Mira Nedyalkova certamente conosce questa storia e si nota nei diversi dipinti che ha realizzato e che da quel capolavoro hanno preso spunto. Le sue “origini” da pittrice sono più che mai presenti nelle sue fotografie, molto spesso in scene drammatiche. I ritratti erotici dei suoi amici e di se stessa sono talmente significativi da levare il fiato e spesso gli elementi liquidi simboleggiano l’oblio, come nel caso di Ofelia. Le sue eteree eroine non sono solo shakespeariane, ma fluttuano anche tra i mondi della lussuria e della purezza, della vita e della morte, della pace e dell’energia.
“Ero abituata a disegnare quando ero più giovane e l’influenza maggiore l’ho avuta da Cezanne. Nella fase successiva, quando ho iniziato a muovere i primi passi nella fotografia, sono stata colpita molto dall’arte di Egon Schiele e Klimt, che mi hanno conquistata giorno dopo giorno. È proprio guardando i loro disegni che ho avuto la possibilità di conoscermi, di capire di cosa avessi bisogno e cosa mi ispirasse”.
Un altro artista che ha contribuito ad accrescere il pensiero artistico di Mira è stato Jan Saudek, è stato lui che le ha aperto gli occhi sulla bellezza eterea, sulla felicità contrapposta al dolore, la bellezza all’imperfezione. “Sono stata una modella per un lungo periodo della mia vita, tuttavia come modella non sono mai stata soddisfatta del risultato finale, in qualche modo sembrava che mancasse qualcosa, mancava la mia anima, non potevo esprimermi in quelle immagini, ma sentivo che tramite la fotografia avrei potuto esprimere molto più di me stessa. È per questo che ho smesso di fare la modella. Adesso faccio la fotografa, ma anche la stilista, la truccatrice, il direttore di post- produzione. Tutto questo mi dà soddisfazione”. Ed aggiunge: “Nel mio lavoro la modella non deve essere solo bella, non deve trasmettere solo gioia ma anche tristezza, deve essere erotica e fredda al contempo, gioiosa senza dimenticare il dolore. Questo tipo di donna è la principale protagonista dei miei lavori, nei quali c’è la mia anima, il mio mondo. Le immagini che produco non rappresentano la modella, le sue forme o i suoi occhi belli. Il mio personaggio è disincarnato, la sua nudità è lasciata invisibile, dimenticata” .
Dalle parole di Mira Nedyalkova viene fuori il suo concetto di arte, il perché realizza alcuni scatti. Con questo suo pensiero è possibile percepire tutto ciò che avviene dentro e fuori di lei prima dello scatto, come anima e fotografia si fondono inevitabilmente.
Il percorso di Mira è stato graduale e, attraverso un percorso di calma e studio interiore, si è potuta affermare come fotografa, una fotografa che guarda se stessa tramite i suoi lavori e lavora tramite le sue emozioni.
Ma il lavoro di Mira è anche contrasto: gioia e dolore, bellezza e caducità. I contrasti, alle volte anche esasperati, danno un messaggio molto forte, evidenziano una parte della personalità di chi scatta ed hanno un impatto emotivo considerevole su chi guarda.
Osservando un suo lavoro non si può non restare meravigliati. C’è una profondità di intenzioni e di sensazioni che prescindono l’immagine e vanno più nel profondo. Il lavoro di Mira continua anche dopo lo scatto. L’artista, infatti, lavora molto anche di post-produzione. È un modo per mantenere intatto il suo amore per la pittura, per quella capacità di modificare la realtà che quest’arte sa dare. Con la post produzione, Mira, oltre alle sue emozioni esalta anche il suo concetto artistico. È questo che la rende uno dei più noti esponenti dell’Art photography, uno di quelli che hanno imposto un loro pensiero e non una loro tecnica.